lunedì 30 marzo 2009

back home

è bello essere a casa. è bello vedere come ti accolgono le persone, soprattutto è bello rimanere stupite da un'accoglienza che non ti aspettavi. mi ha fatto piacere ritrovare determinate persone, mi fa piacere essere di nuovo a casa, e sinceramente va bene così. certo, è difficile non rendersi conto di quante persone, invece, ti hanno abbandonato nel frattempo, a quante non interessi minimamente dove tu sia e cosa tu stia facendo, ma me l'aspettavo. persone che ti strisciano accanto solo se hanno davvero bisogno, e magari si illudono che tu non te ne renda conto. e poi cisono le persone succubi, che non sono in grado di prendere le loro decisioni e credono di potersi appoggiare agli altri a loro piacimento, solo quando il vento non gira più a loro favore. ma quello che più conta è che le persone davvero importanti sono sempre lì, ad aspettarti. meno male che qualcuno con un briciolo di cervello è rimasto.

martedì 24 marzo 2009

tutto cambia.

è incredibile come ci si ritrova sempre con le percezioni sballate. mi aspettavo tanto, tornando a casa, invece sono solo nervosa come un gatto e insoddisfatta, per certe cose. non posso dire di non vedere l'ora di ripartire, perchè non sarebbe vero nemmeno questo. solo vorrei sapere qual'è il tassello mancante del puzzle che cerco così disperatamente e invano. perchè non sono al settimo cielo? perchè non è tutto splendido, non mi accorgo finalmente di quanto mi sono mancate le cose e le abitudini su cui ho fantasticato per questi due mesi?non lo so. e mi struggo perchè vorrei saperlo. forse allontanandoti da casa per un considerevole periodo di tempo le cose che ti hanno sempre infastidito cessano di essere un'abitudine, un qualcosa da sopportare. per cui quando torni rieccole lì ad infastidirti. e ti chiedi come hai fatto a sopportare tutto questo finora. e ti guardi disperatamente intorno in cerca di una possibilità di fuga. e ancora una volta di più hai l'occasione di accettare in tutta la sua evidenza l'ipocrisia della gente, le falsità degli 'amici', la doppia faccia delle persone. con le dovute eccezioni (pochissime) sono sempre più disgustata dal mondo. possibile che nessuno sia più capace di mettersi in discussione? che nessuno sappia più cosa voglia dire un bell'esame di coscienza?e perchè permetto a tutto questo di avere ancora il potere di innervosirmi..perchè non sono in grado di ignorare gli altri, di alzare una corazza che mi renda indifferente al pensiero di chiunque, perchè non riesco a guarire totalmente tutte quelle stupide insicurezze che mi bloccano tanto?ma come al solito sto divagando. forse ho semplicemente troppo tempo libero per pensare.

lunedì 16 marzo 2009

niente di che.

solo fisicamente un pò debilitata. oggi credo di avere la pressione un pò oscillante, ho prima caldo poi frebbo, e mi sento molto debole. fortuna vuole che non avevo da fare niente stamattina, ora sto solo raccogliendo le forze per andare sotto la doccia che più tardi passo in università. devo riportare dei libri e fare vedere la mia presentazione alla porf. e spero proprio che vada bene quello che ho fatto. mi sento molto più leggera, mancano pochissimi giorni e anche il carico degli impegni si sta finalmente diradando...gli ultimi due giorni potrò perfino dedicarmi ad un pò di shopping, credo, e poi venerdì si torna a casa. ecco, oggi è la tipica giornata in cui me ne starei sul letto a fissare il soffitto. tutto il santo giorno. mi mancano le forze, e ovviamente anche la voglia. ma almeno sembra che il peggio sia passato, che abbia meno pensieri...ma come sempre più ti avvicini ad un cambiamento - seppur temporaneo - più diventi intollerante verso quello che hai qui. che tradotto significa che non vedo l'ora di lasciare questo posto per un pò.

venerdì 13 marzo 2009

homesick.

sono sotto una letale combinazione di mal di stomaco + squilibrio ormonale che mi sta portando verso un discreto cattivo umore. mi manca casa. mi mancano i miei (pochi) amici, anche se molti di quelli che si sono sempre definiti tali non si sono fatti sentire nemmeno lontanamente in questi due mesi. mi manca uscire e fare un giro in centro; mi manca la mia camera, la mia casa e la mia gattina. mi manca la voce dei miei genitori che mi accompagna durante la giornata. mi manca qualcuno che mi saluti al mio rientro a casa. vorrei poter parlare con qualcuno e riuscire a esprimere esattamente quello che penso. vorrei le lezioni all'università, la mia macchina, sentire le fusa della mia gattina sulle ginocchia mentre scrivo al pc. vorrei sentire i rumori della cucina mentre mia mamma prepara, vorrei vedere tutti i miei ricordi nella mia camera invece di corridoi e porte antincendio. mi mancano le strade conosciute. i visi di chi non conosci di persona ma vedi sempre in giro, l'autoradio mentre vado in università la mattina. mi mancano i miei spazi, mi manca tutto. e ovviamente, non mi avventuro nemmeno a provare a spiegare come mi manca lui, e quanto, e per quali motivi, perchè veramente non basterebbero le parole. tanto varrebbe dire che mi manca l'aria e annaspo inutilmente per cercare respiro. non vedo l'ora di essere di nuovo a casa.

mercoledì 11 marzo 2009

comunicazione.

mi sono accorta che una delle cose che mi faranno più effetto quando rientrerò tra pochi giorni sarà sentire le persone intorno a me parlare italiano. magari solitamente non ci si fa caso, probabilmente perchè le cose a cui siamo abituati diventano presto scontate, però è un effetto strano. sentire intorno a te persone che parlano un'altra lingua, con l'ovvia conseguenza che, per quanto tu sai usarla, non sei in grado di captare il significato delle conversazioni per strada...boh, in qualche modo ti taglia ancora più fuori dal mondo. non che sia sempre una cosa negativa, ma di fatto è un isolamento. mentre cammini cominci a prendere l'abitudine di chiudere l'audio, dal momento che non ti serve più a molto. è più facile riflettere, concentrarsi sui propri pensieri, chiudersi in sè stessi. in generale è più facile tagliare fuori il resto del mondo. questo mi è capitato di pensare stamattina, prima di entrare a lezione. è chiaro, la lingua è un grosso ostacolo all'integrazione, questo si sa, ma non mi ero mai resa conto fino a che punto si potesse infiltrare nella quotidianità. non è solo il problema di farsi capire. è rendersi conto che in qualche modo non c'entri col luogo che ti circonda. comunque, non so perchè ma questa considerazione non mi ispira nulla di negativo. è una semplice costatazione. ogni giorno scopro diversi aspetti di quest'esperienza, ed è strano come derivino da parti della mia vita che non avevo nemmeno considerato. ma è bello perchè penso che ogni piccola sfumatura arricchisca un pò quest'esperienza, anche se non saprei spiegare in che modo. è proprio il fatto di vivere una realtà diversa, con colori, suoni e profumi diversi, e ahimè, sapori differenti. ci sono cose a cui ti abitui subito, altre che richiedono più tempo, altre ancora a cui probabilmente non ti adatterai mai. ma serve comunque sempre cambiare ambiente, allontanarsi dalle cose quotidiane per apprezzarle o comprenderle meglio sembra un pò la solita frase fatta ma è vera. ti aiuta sviluppare uno sguardo in parte esterno e quindi più critico, distaccato, un'ottica scevra di inlfuenze emotive o di altra natura. insomma, oggi sono abbastanza di buon umore.

lunedì 9 marzo 2009

finalmente...

ho finito il primo dei due lavori che avevo da fare. e anche quello più pesante. certo, è tutto da revisionare, riguardare, perfezionare...ma l'ossatura c'è, ed è completa. finalmente mi è scivolato un peso di dosso, finalmente vedo qualcosa di sereno all'orizzonte. manca poco al giorno in cui potrò rivedere la persona che amo di più. manca poco al momento in cui potrò riabbracciare la mia famiglia e qualcuno degli amici più cari.stare lontano da casa è difficile, pensavo di poterlo superare meglio. ma a volte è bello accorgersi che forse non c'è nessuna debolezza nel rimanere legati ai propri affetti, alle proprie radici, a quei posti che tanto apprezzi solo quando ne sei lontana. in fondo posso accettare di aver bisogno degli altri, per star bene, e soprattutto non è così necessario che io sappia adattarmi perfettamente in un paese straniero. sto sopravvivendo, mi sto organizzando, sto superando le difficoltà e dimostrando a me stessa che potrei farcela. ma non è detto che voglia farlo come scelta di vita. e non trovo ci sia niente di male, in questo, niente da recriminarmi. posso ritenermi orgogliosa di me stessa, sotto ogni punto di vista. perchè i presupposti non erano incoraggianti, e invece posso farcela pure io. che non so fare una lavatrice, non amo cucinare, e manco di quasi tutte quelle doti della perfetta regina della casa. ma posso contare sulle mie forze, sulla capacità di organizzare le cose come voglio io e su un pò di inventiva. aiutata, e non poco, dalla consolante consapevolezza di dover rendere conto solo a me stessa.

domenica 8 marzo 2009

parentesi.

ho bisogno di scrivere quello che mi pare, ora. basta parole comandate senza senso. i giorni scivolano tranquilli, guardo i fermo immagine di chi continua a vivere in quei posti che erano anche i miei, e dove per fortuna tornerò tra poco. ma il concetto di poco è relativo. mi manca casa. mancano le cose normali, le abitudini, i visi noti. gli alberi, le piante, le strade. e quello che non riesco a capire, è che sembra che qui io abbia tutto. e soprattuto che io abbia milioni di persone intorno. il vuoto dentro, quello non lo si nota mai. la presa di coscienza del fatto che comunque sono sola, che cmunque vivo in gabbia, che tutto quello che apparentemente ho qui è vuota superficialità. nient'altro. sono sempre la stessa persona nella stessa situazione. solo il contesto è diverso. non so nemmeno io quello che voglio dire, oggi. le parole non escono facilmente come al solito. forse perchè ho passato gli ultimi giorni a cercare di rivestire scarsi concetti di una bella apparenza, insomma, a far sì che sembri di più di quello che in realtà ho messo nel mio scritto. dio, ora poter usare la mia lingua, le mie parole, la mia grammatica è un sollievo quasi fisico. poter omettere tutte le necessarie spiegazioni, vedere solo la forma scritta di quello che penso, magari anche il sottile piacere di renderlo leggermente inaccessibile. potessi scrivere così anche quando sono costretta a farlo...

venerdì 6 marzo 2009

la voglia di far bene.

detta così, per carità, sembra pure positiva. non sembra ci sia nulla di male nel voler far bene le cose. studio, lavoro, vita in generale. il problema è quando si esige la perfezione. o peggio ancora quando non si sopravvive senza di essa. per me è un problema legato alle mie insicurezze. non so cosa mi faccia pensare che se sono la migliore in qualcosa gli altri mi vorranno più bene. è un controsenso. in primo luogo perchè chi riesce bene in qualcosa è in linea di massima la persona più detestata, mentre la nostra vanità è soddisfatta da chi ogni tanto incontra qualche fallimento, e ci sentiamo più solidali con questo tipo di persone apprezzandole di più (si, siamo un genere davvero meschino). secondo, perchè sono giunta alla conclusione che l'essere umano ha una maggior tendenza a criticare che ad apprezzare. in parole povere: se non troveranno fallimenti da criticare, si cercheranno qualcos'altro, e sta pure certa che lo troveranno. però questo desiderio di essere la migliore è davvero frustrante e pericoloso. non so perchè io non possa semplicemente essere fiera di me stessa e dei miei sforzi, consapevole di aver dato il massimo, di non aver niente da rimproverarmi e poi il risultato sarà quel che sarà. no. io devo sempre avere il massimo. non solo il massimo, ma anche quella distinzione particolare che ti rende diversa e speciale rispetto agli altri. si, sono egocentrica, narcisista, vanesia, e tutti gli aggettivi con cui vorrete chiamarmi. ma non trovo altri modi per dimostrare a me stessa che valgo qualcosa. non riesco a vedermi coi miei occhi, per cui devo osservarmi e analizzarmi attraverso gli occhi degli altri. e, con le dovute eccezioni, a quanto pare non sono in molti ad amare quello che vedono in me. è così. si dice sempre che gli altri non possono amarti se tu per primo non ti vuoi bene. e questo è il nocciolo della questione. ma tutto si trasforma in un circolo vizioso, io non riesco ad accettarmi se non vedo nulla di buono in me, e non vedo nulla di buono in me se non me lo conferma una fonte esterna. cioè, gli altri. e dirò di più, non ho più nemmeno una gran fiducia nei rapporti umani. forse sbaglio a giudicarli così severamente, magari sono cieca di fronte alla sincerità e la confondo con ipocrisia e opportunismo, so solo che l'interazione tra le persone certe volte mi fa venire voglia di urlare di rabbia. mi sembra di essere capitata in mezzo a un mondo che non è il mio, con parametri e valori per cui il mio cervello non è assolutamente programmato; detto più prosaicamente, mi sento un pesce fuor d'acqua. e tuttavia, essendo così insofferente e indifferente ai rapporti d'amicizia (con le dovute eccezioni) sentendo così acutamente la differenza tra me e loro non riesco comunque a spogliare la loro opinione di ogni valore. anche la persona che detesto di più ha un notevole potere su di me: può ferirmi con il suo sguardo impietoso e critico. anche se non tengo in nessuna stima le opinioni di qualcuno, mi interessa comunque che quel qualcuno abbia stima di me. e ciò è stupido, irrazionale, folle, e davvero poco intelligente, lo so.

la novità.

ptobabilmente questo blog farà la fine di tutti gli altri. me lo lascerò alle spalle senza tanti problemi quando finirà l'aria di novità che porta con sè. sono sempre stata affascinata dagli inizi, innamorata dei primi istanti, stregata da ciò che nessuno ha mai usato prima. e anche se scrivere è la condizione necessaria perchè io non vada fuori di testa, a volte è bello mettere un punto e andare a capo. trovare una pagina bianca. sopratutto mi piace paradossalmente pensare che questo posto è solo mio. nessuno lo conosce ancora, nessuno probabilmente lo legge. è tanto segreto quanto esposto agli occhi di tutti, qui su internet. dove chiunque potrebbe inciamparci per caso. e penso a me stessa, a come mi chiudo in mezzo agli altri, alle mie insicurezze, e a come scrivere in un blog mi riporti alla vera me stessa. a come non mi rendo conto che sono mille volte potenzialmente più vulnerabile qui che nella vita reale. conosco i miei limiti, so che questa è un'arma a doppio taglio, eppure vado avanti imperterrita fino allo scontro. mi metto alla prova continuamente, e tratto questo posto come se fosse una parte inavvicinabile da tutti. come se leggessi solo io. non mi preoccupo di fornire spiegazioni, socializzare, far capire esattamente quello che voglio dire. scrivo e basta. e tutte le volte che trovo i momenti di ispirazione, in cui potrei andare avanti e imperversare per pagine e pagine con cose che porbabilmente non hanno senso per nessuno, me compresa, mi riscopro a pensare per quanto tempo da bambina ho sognato di poter vivere e lavorare con la mia scrittura. ma probabilmente non ce la farei. come tutti coloro che praticano qualcosa solo per il loro esclusivo piacere, riesco a scrivere e ad esprimermi come voglio solo se decido io quando scrivere e su cosa. non soffirei imposizioni di nessun tipo. ecco, ad esempio questo post mi ha già stufato.

mercoledì 4 marzo 2009

Se....

“Se…”

Se riesci a conservare il controllo quando tutti
Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;

Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;

Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
E trattare allo stesso modo quei due impostori;
Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;

Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
E non dire una parola sulla perdita;
Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro
Tranne la Volontà che dice loro "Tieni duro!".

Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,
Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
Se riesci a occupare il minuto inesorabile
Dando valore a ogni minuto che passa,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!

Rudyard Kipling

lunedì 2 marzo 2009

scriviamo pure.

Ma si, scriviamo pure, che tanto la mattinata di studio è già andata a puttane. in questi due giorni sto riflettendo molto su una cosa. il che da un lato non è bello, perchè non mi fa mai bene indugiare e riflettere troppo sulle cose. comunque. riflettevo sulle varie forme più o meno subdole di autolesionismo. non conta se non hai mai affondato una lametta nella pelle, ci sono mille altri modi per ferirsi. e a quanto pare una volta che inizi da uno poi li provi tutti. e quelli più pericolosi sono quelli in cui fisicamente non ti fai nulla, ma ti crei situazioni in cui sai che starai male. insomma, sai che pagherai le conseguenze di un'azione ma la fa ugualmente. e non parlo solo di stare qui a scrivere con la consapevolezza che dovresti essere a studiare. parlo di quando ferisci deliberatamente le persone che ami, quando forse non ti ritieni all'altezza di ricevere così tanto amore, e lo metti continuamente alla prova per vedere fino a che punto resiste. è disgustoso, lo so. quasi fossimo geneticamente condannati all'infelicità. quasi non potessimo mai accontentarci di quello che abbiamo. quasi le sicurezze non bastassero mai. e allora scende in campo il nostro autolesionismo. tutti ne abbiamo una dose, ne sono certa. magari per alcuni è abbastanza da fargli attaccare il proprio corpo imponendogli ferite e cicatrici; in altri prende semplicemente la strada più lunga e meno immediata. ti lancia un'idea insana, ti susurra all'orecchio di farlo, anche se sai che ferirai qualcuno, e tu lo fai. e poi inevitabilmente ti si ritorce contro. ma è quello che volevi. la tua dose di sofferenza, forse anche più intensa di quello che avevi programmato. sai che starai male eppure lo fai. ma quello che meno sopporto è la tendenza umana a ferire maggiormente chi ci sta più vicino. quasi fossimo esseri spregevoli che non apprezzano l'amore e l'affetto che gli viene dato, e ricambiano solo con la sofferenza. quando credi di aver chiuso un capitolo della tua vita, allora scopri che ciò che hai fatto uscire dalla porta è rientrato dalla finestra, mascherato, silenzioso, apparentemente innocuo. non ti accorgi nemmeno della sua presenza finchè non colpisce...eppure è sempre lì. l'autolesionismo è sempre lì, nelle forme più impensabili. ma se l'hai vissuto lo riconosci perfettamente quando si ripresenta. e sto lentamente arrivando ad una conclusione... se sei stata autolesionista una volta, in un modo o nell'altro lo sarai per sempre.